CHI DITE CHE IO SIA?

Anno 2007

 

Certezze che vanno, certezze che restano

 

Quest’anno, nel Laboratorio di religione della Comunità di San Paolo, abbiamo cercato di avvicinarci a Gesù di Nazareth così come appare dai racconti evangelici.

Molte certezze, assai diffuse nell’immaginazione comune, si sono appannate. Alcune invece sono apparse con grande e luminosa chiarezza.

La prima certezza a vacillare è stata circa la nascita di Gesù a Betlemme, con tutta la storia, splendidamente raccontata nel Vangelo di Luca, delle apparizioni di angeli e dei giochi di luce delle stelle. Nulla di certo sappiamo sulla nascita di Gesù e la storia raccontata dal Vangelo di Luca e, più brevemente, da quello di Matteo, è una bella costruzione, ricca di insegnamenti utili ma non documentabile storicamente. In compenso splende come il sole la certezza che Gesù è nato bambino fra i bambini, in un paese fra i paesi, da una mamma e un papà come tutti, in un popolo fra i popoli di questa terra e, dopo la discesa dello Spirito sulla sua persona, ha proclamato che la regalità di Dio avrebbe preso a manifestarsi in questo mondo dove regna invece la miseria e l’ingiustizia.

Gesù ha dimostrato che tutti, come lui, possiamo essere figli di Dio se rendiamo puro il nostro cuore  e sappiamo amare in modo disinteressato.

Gesù, quando andò sulle rive del Giordano a ricevere il battesimo di conversione che Giovanni il Battezzatore dava ai peccatori, fece finta di essere un peccatore come gli altri, solo per dimostrare di essere un osservante, oppure sentì veramente sulle sue spalle il peso del peccato del suo popolo e di tutta l’umanità? A noi è parso che fosse una falsa certezza pensare che Gesù abbia fatto finta di essere un uomo, nascondendo a tutti di essere il figlio di Dio. Quello che appare, secondo l’antica narrazione di Marco, è che Gesù, mescolato ai peccatori, passò inosservato. Solo Dio, dall’alto, come un falco, scorse in lui la purezza del cuore e la generosità senza limiti e lo ricolmò di Spirito. Gesù partì in quarta e gridò a tutti che la regalità di Dio avrebbe inondato tutti i cuori che a lui si fossero aperti. E anche questa è una certezza che splende.

I prodigi che Gesù compiva, guarendo i malati, cambiando l’acqua in vino o moltiplicando i pani non erano delle prove di bravura, per dimostrare che era un dio ma un modo di suscitare la fede in ciò che resta per sempre e che ci fa veramente figli di Dio. Il vino che avanza dopo il miracolo diventa acido ed i pani ammuffiscono. Tutti coloro che sono stati miracolati sono poi morti ugualmente di altre malattie e Lazzaro, che lui ha risuscitato, oggi non c’è più. Ciò che resta per sempre è di aver capito nella fede che l’amore guarisce le ferite e la solidarietà moltiplica il cibo.

Quando Gesù si accorse che la gente lo seguiva perché aveva dato loro del cibo, li rimproverò e li invitò a cibarsi della sua parola e della sua vita, perché lui era veramente pane che dura.

Molti lo abbandonarono ed anche i suoi familiari esitarono molto a credere in lui.

Così in croce ci finì solo. Solo poche donne gli furono fedeli nel momento più difficile. Quando poi capirono veramente che con lui non c’era da guadagnare né ricchezza né potenza, allora finalmente i discepoli credettero e, per loro, fu vivo e risorto.

Ancora oggi ci restano da capire molte cose, perché non si capisce a parole ma solo seguendolo.

Questo opuscolo racconta il nostro percorso che peraltro non è mai finito perché la strada da fare è ancora lunga.

 

 

Per accedere all'intero fascicolo clicca qui