Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Nuova Proposta -

Rete Evangelica Fede ed Omosessualità

 

Roma - Eucarestia del 17 giugno 2007

 

"Accoglienza: comunità di affetti"

 

 

Riflessioni sulla Parola

 

A partire dai due temi, accoglienza e famiglia, che ci siamo dati, abbiamo scelto questi quattro brani, due dal vecchio e due dal nuovo Testamento.

Sottolineo brevemente alcuni punti, sperando di incoraggiare le vostre riflessioni.

 

Ge 18,1-10

Nel primo passo colpisce Abramo che alla vista dei tre viaggiatori, senza alcuna esitazione, si precipita ad accoglierli e a provvedere per ristorarli – non parole di accoglienza, non dei pregherò per il vostro viaggio, ma azioni di concreto sostentamento.

Il comportamento di Abramo è l’opposto di quello degli abitanti di Sodoma che la notte sbarravano le porte della città abbandonando i forestieri alla mercé delle fiere.

L’annunzio dell’arrivo di un figlio è stato ragionato in chiave simbolica: come rappresentazione di una fecondità insita nell’accoglienza, nell’apertura verso gli altri, verso il futuro, perché essa stessa significa apertura al nuovo.

Sappiamo che nel brano c’è l’incredulità di Sara perché essi erano avanti con l’età: ma l’accoglienza, l’amore disinteressato, producono un sovvertimento di quello che unanimemente è considerato l’ordine “naturale”.

 

Is 56,3-7

Nel secondo brano, quando perentoriamente viene affermato “questo sarà meglio che avere figli e figlie”, si attua un ribaltamento nella scala di quelle che erano considerate le manifestazioni della benevolenza di Dio, cioè una numerosa prole.

Evidentemente nella valutazione della fecondità il Signore non segue gli stessi criteri umani che invece sono dettati da elementi contingenti la società e la storia dei popoli.

Considerata l’ideologia dell’Israele imperiale, dominante al tempo di Gesù, qui il profeta, già qualche secolo prima, dichiara l’uguaglianza di tutte le genti davanti a Dio.

 

Mr 3,31-35

Il passo del Vangelo ci ha evocato polemiche recenti sulla difesa di un tipo di famiglia che subordina gli affetti ai ruoli sociali dentro la differenza di sesso biologico: cioè un luogo dove l’allevamento dei figli serve a riprodurre i rapporti di genere all’interno dell’assetto patriarcale.

Quindi una prolificità che è infeconda perché duplica il vecchio, pietrificandolo sotto l’accezione di ordine naturale.

Ma qui Gesù è più grande e annuncia che è nella comunità che accoglie dove troviamo madre e fratelli.

Questa parola è stata di grande sostegno per me e per molti di noi che, come accaduto a Gesù con sua madre, hanno visto i propri familiari più preoccupati della propria reputazione davanti alla “gente” che del praticare l’amore per i propri figli.

L’amore biologico è troppo spesso un amore che non sa andare oltre le convenzioni sociali.

 

Ga 3,23-29

Il brano della lettera ai Galati palesa ogni volta la sua forza dirompente di fronte ad ogni ovvio culturale.

C’è chi vuole lasciarci perennemente bambini, impedire che diventiamo adulti; fare in modo che sentiamo il bisogno di un precettore che ci dica cosa è accettevole a Dio, come comportarci.

Ma Gesù ci chiama ad essere adulti, ad assumerci la responsabilità di essere liberi.

Leggo “né maschio né femmina” e mi domando se Paolo abbia voluto abolire la differenza di sesso.

Non credo. È più fondato che si riferisca alla costruzione culturale, storicamente determinata, della differenza di genere.

Forse ha ragione chi traduce “né maschio e femmina” collegandolo all’identico versetto di Genesi “maschio e femmina lo creò”. Se siamo liberi, lo siamo prima di tutto dai condizionamenti culturali!

Penso agli studi di psicologia e a tutta la letteratura unanime nell’affermare che i giovani cresciuti in coppie dello stesso sesso non presentano anomalie rispetto a quelli cresciuti in coppie m/f, e mi viene da dire che il Vangelo, la buona notizia precede la scienza.

 

Ecco i due temi sono strettamente interconnessi: l’accoglienza dello sconosciuto piuttosto che il rifiuto, lasciarsi vincere dall’amore invece che essere vinti dalla paura, produce la fecondità che rappresenta l’apertura al nuovo, al futuro. Quindi non una famiglia strettamente biologica che più che una nuova vita si preoccupa di riprodurre gli stessi modelli che ne sono fondamento, bensì una famiglia come comunità di affetti basata sul benvenuto ad ogni possibile ed inaspettato ospite, oltre ogni preconcetto.

 

 

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