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L’UOMO NON DIVIDA CIÒ CHE DIO HA CONGIUNTO

Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Roma, 2 ottobre 2009

Gruppo Montesacro

Introduzione al tema

L’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto

La programmazione liturgica della chiesa cattolica assegna alle assemblee odierne quale tema di riflessione e catechesi la celebre frase di Gesù <non divida l’uomo ciò che Dio ha congiunto>. Oggi si rifletterà molto quindi, nelle chiese, sulla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna e sull’indissolubilità dello stesso, si ricorderà l’apprensione  di Benedetto XVI per gli effetti della “famiglia allargata” sui giovani, ignorando che le società cambiano, le istituzioni non sono immodificabili, l’amore non può essere rinchiuso per sempre nella cornice di un solo modello e ignorando tanti altri e più gravi motivi di apprensione  che incombono  sulla Terra ed interpellano, o dovrebbero interpellare, le nostre  coscienze.

Il gruppo ha pensato di prendere spunto dalla stessa frase di Gesù per la celebrazione odierna, ma ha creduto più urgente riflettere su un’altra ed assai grave divisione. Più che una divisione, anzi, una rottura, che può avere conseguenze catastrofiche - e già comincia ad averle - per il creato ed il genere umano.

La narrazione poetica della Genesi racconta di Dio che crea l’uomo impastando della terra ed alitando in quell’impasto la sua vita, dal quale trae la donna che chiama Eva, cioè vita, e chiama l’uomo Adamo, cioè terra. Terra e vita ecco la coppia che Dio crea perché siano una unica entità, un solo corpo. E Gesù, quando sente vicina la morte, dice al Padre: <Glorifica il figlio tuo… Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato>  E lo prega: <Ut unum sint>, fa che siano uniti, siano un tutt’uno.

Il disegno della Genesi e del Vangelo è dunque un disegno di unità dell’umanità e del creato.

La scienza moderna ha scovato che questo disegno è davvero insito nella creazione. La materia è una e una sola, composta sempre degli stessi elementi; <tutti gli esseri viventi, dai primi batteri comparsi sulla terra … e arrivando fino a noi, presentano …. gli stessi 20 amminoacidi e gli stessi quattro elementi chimici … Tra un lombrico e noi vi è il 46% di elementi comuni, tra uno scimpanzé e gli esseri umani c’è appena la differenza di un gene> ; <il codice genetico con il quale sono scritte le istruzioni biologiche è assolutamente lo stesso per tutti gli organismi> , la struttura del DNA non distingue gli esseri umani per  etnie.

L’uomo occidentale ha però smarrito l’antica sapienza ed ignorato il testamento di Gesù. Ha operato una rottura tra sé e la natura: si è considerato fuori e sopra di essa, e ciò facendo, per dirla con Mario Alcaro <ha perso il senso della vita ed anche quello della morte> e non è più capace, come osserva Leonardo Boff, di <un’esperienza di estasi di fronte alla creazione e alla pluralità delle forme con cui Dio ha voluto avvicinarsi agli esseri umani> . Ha dominato e sfruttato la natura sino a comprometterne i cicli vitali che sono poi i cicli della sua stessa vita; non percepisce più la razza umana come una ed esaltando la propria individualità sino all’inverosimile ha rotto vincoli di solidarietà e legami interpersonali persino all’interno dei singoli popoli e delle singole società cosiddette evolute. I sociologi parlano in proposito di società liquide, di società molecolari, di mucillagine. Gli effetti sono sotto i nostri occhi: enormi sacche di miseria, e di disperazione e di morte racchiudono gran parte dell’umanità; da esse originano i flussi migratori di chi cerca scampo nei pa-esi ricchi, che come è noto costituiscono una minaccia per la sicurezza mentre i dissesti idrogeologici e il cemento annacquato invece no.

Ciò che Dio ha congiunto l’uomo occidentale l’ha dunque diviso, spezzettato, frantumato.

Il III Forum Mondiale della Teologia della Liberazione e il XII Convegno interecclesiale del-le CdB brasiliane hanno ampiamente attestato che non così è avvenuto per i popoli non toccati dalla modernità occidentale. Essi hanno conservato intatto il senso di appartenenza alla Terra e la consapevolezza che la a Pacha Mama <dà vita ed è la Casa Grande per tutti, il luogo dell’incontro e della comunione con Dio, con gli esseri umani e con tutta la creazione>. Da questo loro sentire derivano una spiritualità intensa, la saggezza del buen vivir  e la consapevolezza che <prendersi cura della vita è ciò che vi è di più essenziale>  .

Per ricomporre la sua unione con la natura e la trama dei legami tra popoli e persone ed evitare così una catastrofe ambientale e la dissoluzione delle sue società, l’uomo occidentale deve <rifondare la modernità sulla centralità delle relazioni>, come sostiene Enzo Mazzi nell’intervista rilasciata in occasione del seminario odierno di Tirrenia. Per farlo non può che trarre insegnamento dalla fede e dalla cultura di quei popoli che si ostina a ritenere inferiori ed imparare la tessitura delle relazioni dalla cultura delle donne che ha tenuto per secoli in condizione di subalternità.

A Tirrenia la suggestione di Enzo speriamo che sia accolta e sviluppata.

 

Letture

Genesi 2, 4b-15

Quando Dio, il Signore, fece il cielo e la terra, sulla terra non c’era ancora nemmeno un cespuglio e nei campi non germogliava l’erba. Dio, il Signore, non aveva ancora mandato la pioggia e non c’era l’uomo per lavorare la terra. Vi era solamente vapore che saliva dal suolo e ne inumidiva tutta la superficie.

Allora Dio, il Signore, prese dal suolo un po’ di terra e, con quella, plasmò l’uomo. Gli sof-fiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne una creatura vivente. Poi Dio, il Signore, piantò un giardino a oriente, nella regione di Eden, e vi mise l’uomo che egli aveva pla-smato. Fece spuntare dal suolo alberi di ogni specie: erano belli a vedersi e i loro frutti squisiti. Nel mezzo del giardino piantò due alberi: uno per dare la vita e l’altro per infonde-re la conoscenza di tutto.

Nell’Eden scorreva un fiume che irrigava il giardino e poi si divideva in quattro corsi. Il pri-mo corso si chiamava Pison e circondava tutta la regione di Avìla dove vi è oro, e quell’oro è buono. Là ci sono anche resina e pietra onice. Il secondo si chiama Ghicon e scorre in-torno a tutta l’Etiopia. Il terzo si chiama Tigri e corre a oriente di Assur. Il quarto Eufrate.

Dio, Il Signore, prese l’uomo e lo mise nel giardino di Eden, per coltivare la terra e custo-dirla.

 

Giovanni 17, 20-21

Io non prego soltanto per questi miei discepoli, ma anche per altri, per quelli che crede-ranno in me dopo avere ascoltato la loro parola. Fa che siano tutti una cosa sola: come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato.

 

Marco 3, 32-35

Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.

 

Enzo Mazzi – Adista 26 settembre 2009

Qualcuno ha giustamente chiamato quella operata dalle CdB e da altre realtà ecclesiali di base una “rivoluzione copernicana”. Ma tale rivoluzione conciliare non è stata e non è un fatto tutto interno alla Chiesa, non è una sciaguattata nell’acquasantiera. Perché si inseri-sce in un processo storico e culturale rivoluzionario di lunga lena e si lega a un bisogno sentito a livello generale della società mondiale: rifondare la modernità sulla centralità del-le relazioni. Se c’è prodotto della modernità da rinnegare è l’individualismo competitivo, ma non solo a parole. Un mondo nuovo non ce lo regala la lotta di tutti contro tutti che è alla base della società mercantile liberista.

 

Commento alle letture

Abbiamo scelto di spostare il tema da quello proposto dal foglietto, l’unità della coppia, a quello più vasto dell’unità tra creato, umanità e Dio. Come persone credenti, nella nostra esperienza quotidiana, siamo in continua relazione con questi tre poli (creato, umanità, Dio) di quella che possiamo chiamare trilogia cosmica:

La nostra esperienza ci dice che l’umanità nella grande maggioranza dei casi non è in ar-monia né col mondo, né con se stessa, né con Dio:

•          l’uomo invece di essere il custode del creato lo sta saccheggiando, fino ad arrivare a compromettere la stessa esistenza del mondo e quindi di se stesso (vedi gli ultimi episodi in Italia del terremoto in Abruzzo e dello smottamento a Messina e le nostre colpe in queste devastazioni)

•          l’uomo invece di vivere in armonia con gli altri uomini vive rapporti di conflitto e so-praffazione di tutti i tipi (vedi la manifestazione di ieri per la libertà di stampa contro una di queste sopraffazioni)

•          l’uomo non fa la volontà di Dio e tradisce il piano di Dio sul mondo e sull’uomo

Piano di Dio, che è quello della perfetta armonia, anzi unità tra le tre componenti della tri-logia cosmica:

•          Dio ha posto l’uomo all’interno dell’Eden perché custodisse e non distruggesse la terra (prima lettura: Genesi 2, 15)

•          Dio vuole che gli uomini siano tutti una cosa sola tra loro e con Dio (seconda lettu-ra: Giovanni 17,21)

La nostra azione deve essere quindi orientata a ridurre saccheggi, conflitti e sopraffazioni per tendere all’unità utopica che è nel piano di Dio: il giardino dell’Eden e il mistero della Trinità di Dio fondata sull’amore, a cui si dovrebbe improntare anche la trilogia cosmica sono punti di arrivo e non di partenza.

Veniamo ora all’esame delle letture.

Genesi 2, 4b-15

Questa è una lettura utopica: non descrive il mondo che c’era all’inizio ma quello che dob-biamo cercare di costruire per il futuro.

Abbiamo sostituito la prima lettura del foglietto che descriveva l’uomo come dominatore del creato perché imponeva i nomi a tutti gli animali (Genesì 2,20) (imporre il nome può essere segno di potere) con un altro brano del Genesi, appena precedente, che racconta come l’uomo nel piano di Dio dovesse coltivare e custodire la terra (Genesi 2,15)

La traduzione LDC cita esplicitamente la parola “terra” da coltivare e custodire; ci sembra che questa “terra” possa significare non solo quella del giardino dell’Eden ma quella di tut-to il mondo. Infatti le regioni lambite dai quattro fiumi dell’Eden coincidono praticamente col mondo conosciuto ai tempi del Genesi: il giardino dell’Eden e l’Eden non sono quindi una parte del mondo ma l’intero mondo di cui l’uomo era stato fatto custode.

Se il mondo che conosciamo è degradato e a rischio di morte, ciò è dovuto all’uomo e non a Dio e quello che dobbiamo fare è invertire la rotta che ha portato al degrado e puntare a trasformare il mondo nell’Eden;

l’Eden non è altro che il piano utopico di Dio sul mondo, che l’uomo è chiamato a realizza-re.

Giovanni 17, 20-21

Anche la lettura di Giovanni è una lettura utopica: descrive un’unità che ora non c’è ma  a cui dobbiamo tendere.

Nella preghiera al Padre il respiro di Gesù è ampio: non si preoccupa solo per i suoi di-scepoli nella Palestina di allora, ma per tutti quelli che diventeranno suoi discepoli:

•          nel resto del mondo di allora, fuori dalla Palestina,

•          nel futuro in tutto il mondo, dopo la morte di Gesù

Gesù chiede al Padre di realizzare un’unità tra lui, il padre e i discepoli, in modo che cia-scuno sia nell’altro. Sembra adombrare una nuova forma di trinità, dove il terzo membro, dopo il Padre e il Figlio, sono i discepoli e non lo Spirito. O non è forse proprio questa la definizione dello Spirito “i discepoli che fanno la volontà del Padre”?

E questa unità tra padre, figlio e discepoli, ma soprattutto tra i discepoli, perché il padre e il figlio non li possiamo percepire direttamente, è l’unico vero segno dell’autenticità del mes-saggio di Gesù: che egli porta nel mondo il piano del Padre.

Attenzione: questa unità utopica si realizza nelle diversità di ciascuno, come la Trinità si realizza nelle diversità del Padre, Figlio e Spirito.

Marco 3, 32-35

Nel brano di Marco si scende dall’utopia alla realtà ed entra in campo il conflitto.

Il brano di Matteo, proposto dal foglietto, entrava nel merito della coppia sposata e dei ri-svolti giuridici relativi al ripudio o divorzio, quando l’attrazione sessuale nella coppia viene meno. In quel brano Gesù affermava che il ripudio o divorzio era stato legiferato da Mosé per la durezza “del vostro cuore“, mente il piano utopico di Dio sulla coppia era che for-massero una sola carne.

Pur riconoscendo l’inadeguatezza dell’uomo al disegno utopico di Dio sulla coppia, abbia-mo pensato che questa è una delle tante inadeguatezze dell’uomo al piano di Dio e forse non è tra le più gravi. Il brano scelto da noi perciò, pur rimanendo sul tema della famiglia, è di respiro più ampio e ci propone responsabilità maggiori.

Si parla dei parenti di Gesù (madre, fratelli e sorelle) e Gesù spiega che la sua vera fami-glia è la comunità di discepoli che fanno la volontà del Padre.

Di fronte a questa comunità di discepoli la famiglia di origine passa in secondo piano.

Anzi, in altro brani del vangelo Gesù dice “non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me: chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me” (Matteo 10-34,37) e invita a lasciare “che i morti seppelliscano i morti” (Matteo 8-22), tale e tanta è la preminenza dell’impegno della comunità dei suoi seguaci sugli impegni familiari.

Questo ci fa capire come l’utopia dell’unità dei seguaci di Gesù non si raggiunga con una passeggiata idilliaca per un sentiero piano, ma come questa unità si raggiunga solo pas-sando attraverso il conflitto, con una scelta di campo ben precisa che costa costi sforzi e sacrifici, difficile da realizzare.

Enzo Mazzi – Adista 26 settembre 2009

Enzo Mazzi indica due cose da fare per realizzare questa così difficile unità all’interno dell’umanità:

•          scartare la lotta di tutti contro tutti che è alla base della società mercantile liberista

•          porre al centro le relazioni tra le persone

La vera rivoluzione Copernicana è sostituire la prima frase con la seconda.

E’ quello che ci aveva chiesto Gesù 2000 anni fa, ma che non siamo riusciti a fare.

E’ quello che il mondo ci chiede oggi, pena la distruzione dell’umanità stessa.

Don Lorenzo Milani

E don Milani, nel pensiero per la cena del Signore che leggeremo tra poco, si colloca sul piano concreto di Marco, riprende il tema del conflitto e della scelta di campo: la famiglia di Gesù coincide con la patria di don Milani.

La divisone vera, che brucia, non è quella tra italiani e stranieri, ma quella tra diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori dall’altro.

E noi non siamo chiamati a eliminare questa divisioni ma a fare una scelta di campo, quel-la per i diseredati e gli oppressi.

Solo quando tutti avremo fatto questa scelta di campo, allora le divisioni dell’umanità scompariranno per fare posto all’unità fatta di relazioni tra le persone.

 

Pensiero per la cena del Signore

Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. (da Don Lorenzo Milani)