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Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Roma, Eucarestia del 25 aprile 2010

 

BENI COMUNI

Commento iniziale del gruppo

 

Ripercorriamo le letture proposte e intrecciamo il filo di una riflessione comune.

Tre frammenti dell’antico testamento.

Dal Deuteronomio, nell’ambito del secondo discorso di Mosé, il più corposo, quello che contiene gli insegnamenti del profeta al popolo a cui è richiesta fedeltà e amore. E, in quest’ambito, la memoria-annuncio: “Al Signore vostro Dio, appartengono il cielo sconfinato, la terra e tutto quel che contiene”.

Dal Levitico, nello stesso contesto, a tutti noi molto noto, dell’anno di riposo della terra, “Un terreno non potrà essere venduto in modo definitivo, perché la terra appar-tiene a me, il Signore, e voi sarete come stranieri o emigrati che abitano nel mio pae-se”. Un insegnamento di provvisorietà del passaggio di ogni uomo sulla terra, co-sciente dell’essere ospite, amato sì, ma anche rispettoso perché consapevole di condi-videre una casa comune ad altre creature, in proprietà di nessuna di esse.

E, infine, da Geremia l’epilogo-denuncia che interroga anche noi che ancora viviamo nello stesso peccato: “Io li ho fatti entrare in una terra fertile, perché gustassero i suoi frutti migliori. Ma essi, subito, hanno rovinato la mia terra”.

E se oggi intravediamo una luce, la dobbiamo al paradigma di chi considera la terra creatura, quindi di pari dignità, e fragilità, di altre creature. Ascoltiamo tutti coloro che colgono una similitudine dolorosa fra la loro condizione di sfruttati e oppressi e il creato, che reclama misura e sobrietà, come irrinunciabile condizione di giustizia e eguaglianza fra tutte le creature. Solo così cresce, sia pure a fatica e in mezzo a molte contraddizioni, la percezione che accanto ad alcuni valori, sempre sottoposti al vaglio della ragione storico-critica, siano i “beni comuni”, gli unici veramente non negozia-bili: terre, acque, cieli, in nome della cosiddetta crescita o dello sviluppo.

Misura e sobrietà dicevamo; la stessa sobrietà ricordata da Marco che traspare dall’insegnamento di Gesù: “Quando vi mettete in viaggio, prendete un bastone e nient’altro; né borsa, né soldi in tasca. Tenete pure i sandali, ma non due vestiti”. Se si riflette che queste raccomandazioni vengono date a coloro che sono inviati ad e-vangelizzare si comprende come Gesù indichi un vero stile di vita come messaggio inscindibile dalla sua Parola, capace anzi di dare ad essa credibilità proprio perché ri-goroso e affidato non solo alla predicazione delle parole.

E non basta neppure essere considerati “giusti per fede” per avere in eredità il mondo intero come sembra credere l’apostolo Paolo che ricorda, nella lettera ai Romani, la promessa di Dio ad Abramo.

La promessa in cui, per scelta, vogliamo vivere conosce strade avvolte nell’ombra e nel dubbio; se in questa circostanza ci hanno fatto compagnia nella ricerca di qualche frammento di verità i nostri fratelli valdesi, dobbiamo ringraziare loro e il Signore di tutte le cose.

 

Roma, 25 aprile 2010