Chiese e religioni, la fase due fa discutere 
di Michele Lipori

A partire dal 4 maggio l’Italia apre alla “Fase 2” del contenimento del Coronavirus. Chiese aperte o chiuse? E le moschee, gli altri luoghi di culto? Il dibattito si accende, e coinvolge tutti, a partire dal Premier.

Nella Conferenza stampa dello scorso 26 aprile, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha sottolineato che la riapertura sarà solo parziale e non equivarrà ad un completo “ritorno alla normalità”. Fra le tante limitazioni, anche quelle relative alla celebrazioni di riti religiosi.
 
Si legge nel comunicato di Conte che: «Per quanto riguarda le cerimonie religiose, saranno consentiti i funerali, cui potranno partecipare i parenti di primo e secondo grado per un massimo 15 persone. Inoltre, già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza».
Dunque, fatta eccezione per i funerali, non ci si potrà riunire per funzioni collettive anche se – va ricordato – i luoghi di culto sono rimasti aperti per tutta la durata del lockdown a patto che i fedeli entrassero solo per preghiere private e mantenendo la distanza di sicurezza.
Il perdurare delle limitazioni in ambito religioso ha suscitato opposte reazioni fra le varie comunità religiose.

• I CATTOLICI
Fra le voci discordi, quella della Conferenza episcopale italiana (Cei) che, attraverso un comunicato stampa, ha commentato con fermezza il provvedimento affermando che esso «esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo».
In ambito cattolico, va naturalmente segnalato il commento di papa Bergoglio che esorta alla «prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni».
Molto più dure le parole delle Comunità di base le quali, con un comunicato stampa ravvisano nelle parole della Cei «un tono oltranzista e ultimativo» nei confronti delle decisioni del Governo.

• I PROTESTANTI
La Ccers, una commissione promossa dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), in una lettera indirizzata alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sottolinea la necessità di «rispettare e garantire pienamente tutte le norme di sicurezza, distanziamento sociale e di contrasto alla pandemia» ma avverte anche della necessità «di spostarsi per i ministri di culto cui sono affidate più comunità pastorali sul territorio italiano; la necessità di consentire quanto prima la ripresa dei culti pubblici, sia pure in modo contingentato; di conseguenza la possibilità per i fedeli di raggiungere i luoghi di culto, talvolta distanti dalle abitazioni, con relativa autocertificazione».

• LE COMUNITÀ EBRAICHE
Variegate le posizioni dei rabbini a capo delle varie comunità ebraiche in Italia a proposito della possibilità di riaprire i luoghi di culto alle funzioni collettive. Una diversità di opinioni motivata sia alla collocazione delle comunità nelle varie regioni italiane (diversamente colpite dal contagio) sia dalla particolare conformazione degli stessi luoghi di culto.
Il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Noemi Di Segni, ha inoltre affermato in un intervento su Pagine ebraiche che «gli ebrei italiani e le loro rappresentanze istituzionali seguiranno, in pieno raccordo con le istituzioni competenti a livello nazionale e locale, le prescrizioni e l’evoluzione riguardo alle attività e all'apertura dei luoghi di culto con grande realismo e senso di responsabilità».

• LE COMUNITÀ ISLAMICHE
Concorde alla posizione della Cei è l’imam Yahya Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica italiana (Co.Re.Is) che rimprovera al Governo «insensibilità nei confronti di tutti i credenti, di qualsiasi fede».
Più morbida la reazione dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii) che, in un comunicato a firma del presidente Yassine Lafram, afferma l’importanza di «rispettare le disposizioni del Governo per superare questa situazione di emergenza», pur chiedendo che «vengano messe a disposizione il prima possibile delle misure ad hoc che permettano ai fedeli di partecipare alle preghiere congregazionali in condizioni di sicurezza».

• LE COMUNITÀ BUDDHISTE
Filippo Scianna, presidente dell'Unione Buddhista Italiana afferma di essere «totalmente d'accordo con le parole del Papa» esprimendo la necessità di «pazientare ancora e obbedire alle disposizioni. Ci sono luoghi di culto che prescindono dai luoghi fisici».